Banti Cristiano *

BANTI CRISTIANO
Santa Croce sull’Arno (Pisa) 1824 - Montemurlo (Firenze) 1904
E’ uno degli esponenti di spicco del movimento macchiaiolo, fiorito in Toscana intorno alla metà del secolo. Allievo dell'Istituto d'Arte di Siena, nel 1848 vinse il concorso triennale con un dipinto che illustrava un episodio della vita di un artista del Rinascimento, il Beccafumi, e che nell’impianto classico manifestava l’influenza del maestro F. Nenci. Nel 1856 si stabilì a Firenze, dove prese a frequentare gli artisti del Caffè Michelangiolo, legandosi in particolare a T. Signorini, A. Cecioni, V. Cabianca. Con questi partecipò al dibattito sul rinnovamento del quadro di storia, sperimentato in diverse opere di questi anni: Episodio del Sacco di Roma (1856), Galileo davanti all'Inquisizione (1857), Il ritrovamento del cadavere di Lorenzino de' Medici (esposto alla Promotrice del 1857). Sono prove condotte a forti contrasti luministici e tonali adeguati alla nuova esigenza di espressione romantica dei soggetti storici, che si ritrova maturata negli studi e bozzetti per le due versioni del Tasso e Eleonora d'Este (1858 ca., Firenze, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti; Piacenza, Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi). Le ricerche sulla luce si concretizzarono, fra la primavera del 1860 e il 1861, nel lavoro comune, dal vero, col Signorini e col Cabianca nelle campagne di Montelupo e Montemurlo (Valdarno fiorentino) e a La Spezia (Contadina con bambino), con notevoli progressi nella definizione dei valori formali della 'macchia'. Con gli stessi amici, nel 1861, compì un viaggio a Parigi: in questa occasione si recò agli studi di C. Corot e J. Troyon; visitò anche il Salon, dove fu colpito dalla solennità dei soggetti campestri di J. Breton. Alla luce di questa esperienza realizzò la Riunione di con-tadine (1861, Firenze, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti) tratta dagli studi eseguiti col Cabianca a Piantravigne presso Castelfranco di Sopra: l’accesa luminosità si sposa con la statica finitezza delle figure, conferendo rinnovata pacatezza alla composizione. Grazie all'agiata condizione finanziaria raccolse, da quest’epoca, una raffinata collezione sia di oggetti sia di opere d'arte, divenendo anche mecenate dei suoi amici pittori. Dalla metà degli anni ’60 cominciò a vivere sempre più ritirato nelle sue due ville di campagna, senza partecipare più alle esposizioni: solo nel 1875, per solidarietà verso gli amici, propose un suo dipinto alla Galleria d'Arte Lega-Borrani, inaugurata quell'anno a Firenze. All’inizio degli anni '80 lavorava alle Boscaiole con fascine (Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti), trattenuto da quella «incontentabilità» che lo induceva a rimeditare lungamente sulle sue opere, lasciandole spesso incompiute. Fra i soggetti di questi anni figurano anche ritratti della figlia Alaide e le contadine dei suoi poderi: l'uso della fotografia per le composizioni è testimoniato dalla Signora che ricama (1881, Firenze, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti), puntualmente tratta da una lastra fotografica. Nel 1884 fu nominato professore all'Accademia di Firenze e membro della commissione incaricata del riordino della Galleria degli Uffizi. Amico anche di N. Costa e di A. Cecioni, per compito di quest'ultimo eseguì le Lavoranti di paglia della Val d'Elsa, che fu donato a F. Martini, allora ministro della Pubblica Istruzione.
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