Faruffini Federico *

FARUFFINI FEDERICO
Sesto San Giovanni (Milano) 1833 - Perugia 1869
Nato in una famiglia benestante (il padre era farmacista), che nel 1848 lo inviò a Pavia per compiere studi di giurisprudenza, frequentò in questa città anche la Civica Scuola di Pittura sotto la guida di G. Trécourt. All'intenso periodo pavese, durante il quale ebbe per compagno T. Cremona, risale pure il fondamentale incontro con il Piccio e l’amicizia, sostenuta dalla comune adesione a ideali patriottici, con E. Cairoli. Giunto a Milano nel 1856, presentò all’Esposizione di Brera Cola di Rienzi che dalle alture di Roma ne contempla le rovine (1855, coll. privata), che nel colore vivido univa, alla tensione civile, la ricerca di una nuova naturalezza nel quadro di storia. Queste intuizioni si ampliarono durante il soggiorno romano (1857-1858) quando, impegnato nella realizzazione della Immacolata Concezione per il Duomo di Pavia, poté entrare in contatto con l’avanguardia della scuola meridionale, B. Celentano, S. Altamura e D. Morelli. Dedicatosi ormai interamente alla pittura, nel 1858 si aggiudicava a Pavia il premio Frank con Al cardinale Ascanio Sforza viene presentato il modello del Duomo di Pavia (Pavia, Musei Civici), mentre nelle opere inviate a Brera diversificava la ricerca con tagli innovativi e con verosimiglianza emotiva (La gondola di Tiziano, 1861, Milano, Galleria d'Arte Moderna; Gli scolari dell’Alciato, 1864, coll. privata; L'amore del poeta-Sordello e Cunizza, Milano, Pinacoteca di Brera). Sempre nel solco di una liberissima condotta stilistica, risolta per giustapposizione di luce e di ombre, si confrontava con temi risorgimentali in La battaglia di Varese (1862, Pavia, Musei Civici), voluta per legato testamentario dall’amico Cairoli, mentre in La lettrice (1864, Milano, Galleria d'Arte Moderna) coglieva l’immagine raccolta di privati sentimenti. Le dure critiche con cui, nel 1865, venne accolto all'Esposizione di Brera La vergine al Nilo (Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna), la crescente ostilità dell'ambiente accademico milanese e il difficile rapporto col padre lo spinsero a Parigi. Dopo essere stato premiato al Salon del 1866 e all’Esposizione Universale dell’anno seguente per Borgia e Machiavelli (1864, disperso), nei primi mesi del 1868 faceva ritorno in Italia. Da questo momento una crescente inquietudine esistenziale si andò manifestando nell’ossessiva ripetizione del tema della morte (Il dolore del saltimbanco, 1868 ca., Milano, Galleria d’Arte Moderna) oltre che nel ritmo frenetico dei continui trasferimenti. Sposatosi, tentò a Roma la sfortunata impresa commerciale di uno studio fotografico. Nel 1869 si trasferì con la famiglia a Perugia, dove poco dopo morì suicida.
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