Discovolo Antonio *
DISCOVOLO ANTONIO
Bologna 1874 - Bonassola (La Spezia) 1956
Figlio del pittore bresciano Mario, si trasferì giovanissimo con la famiglia a Pisa e fino ai primi anni '90 studiò all’Accademia di Lucca e a quella di Firenze con G. Fattori. Fra il 1898 e il 1899 soggiornò per un periodo a Torre del Lago (Livorno), ospite del musicista G. Puccini, insieme ad A. Lori, a F. Pagni e a F. Fanelli. Alla stessa epoca si deve far risalire la frequentazione con P. Nomellini e gli altri artisti del “Club de la Bohème”. Trasferitosi a Roma, si accostò agli artisti di area simbolista della Società “In Arte Libertas”, con la quale espose nel 1900. L’incontro con E. Lionne e il contatto con i toscani dell’ultima generazione lo avviarono all’esperienza divisionista: nel 1902, dopo aver fatto visita a N. Costa a Marina di Pisa, si spostò con Lori e L. Lloyd in varie località delle Cinque Terre per trovare ispirazione, en plein air, dal paesaggio marino ligure (Il pino a Tellaro, 1903, coll. privata). Stabilitosi a vivere in Liguria dal 1905, prima a Manarola e poi a Bonassola, vi continuò a dipingere con tecnica divisa ancora per qualche anno (Il giardiniere, 1908 ca., Arezzo, Museo Civico), volgendosi poi gradatamente a soggetti mitologici ricchi di suggestioni simboliste (La voce del Centauro, esposto a Roma nel 1911), fino a tornare a modi postimpressionisti (Il castagno, Genova Nervi, Galleria Civica d’Arte Moderna).
Diotti Giuseppe *
DIOTTI GIUSEPPE
Casalmaggiore (Cremona) 1779 - 1846
Dopo un primo apprendistato a Casalmaggiore, presso la bottega di P. Araldi, grazie all’interes-samento del concittadino G. Vicenza Ponzone frequentò per un biennio l’Accademia di Parma, seguendo i corsi di G. Callani. Ottenuta la pensione quadriennale di Brera si trasferì a Roma nel 1805. Già nel saggio di secondo anno (La morte di Socrate, cartone, 1807, Milano, Accademia di Brera; dipinto, 1809, Cremona, Museo Civico) sono evidenti i modelli scelti dal giovane pittore: V. Camuccini, J. L. David e N. Poussin. Chiamato nel 1811 all'Accademia Carrara di Bergamo fu professore di pittura e, per trent’anni, direttore; si attenne ai principi di un rigoroso classicismo, senza tuttavia precludere la possibilità del dibattito artistico all’intemo dell’istituto, che fu anzi così ricco di sollecitazioni da generare esiti diversi in allievi come F. Coghetti, G. e L. Trécourt, E. Scuri, G. Carnovali. Svolse un’intensa attività di pittore di soggetti sacri nelle chiese della regione (affreschi nel Duomo di Cremona, 1830- 1834) e offrì un ricco contributo alla pittura di tema romantico, come nelle molte versioni del Conte Ugolino (la prima del 1817, dispersa; un’altra, del 1832, peri il conte Tosio, Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo), in La corte di Ludovico il Moro (1823, Lodi, Museo Civico) e in II giuramento di Pontida (1836, Milano, Galleria d’Arte Moderna), e ne La morte di Antigone (1834-1845, Bergamo, Accademia Carrara). Collezionista e intenditore d’arte antica, si ritirò negli ultimi tempi a lavorare a Casalmaggiore.
Dionigi Marianna *
DIONIGI MARIANNA
Roma 1756 - Civita Lavinia (Roma) 1826
Letterata e musicista, si formò come pittrice sotto la guida del paesaggista C. Labruzzi. Amica dell’archeologo E. Q. Visconti, partecipò di quel gusto erudito e antichizzante, che la indusse a mettere a punto e ad applicare nelle proprie opere una tecnica simile all'encausto, ottenuto con un particolare uso della tempera. Nei Precetti elementari sulla pittura di paese (Roma, 1816) dichiarò la propria opposizione all'estetica neoclassica, nella quale il paesaggio era considerato secondario rispetto alla figura umana. Nelle opere, peraltro, la precisione del disegno, la nitidezza del dettaglio e la luce chiara e diffusa sono di derivazione neoclassica: come nei tre paesaggi della Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma (Paesaggio- L'Aniene nei pressi di Tivoli, del 1798, Campagna romana e Paesaggio, entrambi del 1800), rea-lizzati su uno schema compositivo di derivazione secentesca, con una quinta arborea in primo piano e uno sfondo che declina dolcemente per piani e gradazioni atmosferiche successive.
Diofebi Francesco *
DIOFEBI FRANCESCO
Narni (Terni) 1781 - Roma 1851
Si hanno poche notizie di questo pittore umbro, giunto a Roma nel 1800. Autore di scene di genere tratte dalla vita romana del tempo, con simili “bambocciate” partecipò alla decorazione del demolito Palazzo Torlonia in Piazza Venezia. Per la capacità narrativa e la lucidità descrittiva fu apprezzato da A. Thorvaldsen, nella cui collezione (Copenaghen, Thorvaldsen Museum) si trovano ben nove dipinti eseguiti fra il 1825 e il 1839, di soggetto analogo alle opere che l’artista inviò alle annuali mostre della Società Amatori e Cultori delle Belle Arti, come, nel 1832, Fra le colonne di un tempio, forse già sagro a Minerva, un friggitore fa pingue traffico di frittelle, alle quali affollasi il popolazzo per la città di Roma, sotto colore di celebrare la festa di S. Giuseppe insieme ad Avanzi di un portico antico, nominato di Ottavia, usato presentemente al mercato del pesce e, nel 1834, Formale ricognizione delle ossa di Raffaello trovate nel Pantheon il 14 settembre 1833.
Diodati Francesco Paolo *
DIODATI FRANCESCO PAOLO
Campobasso 1864 - Napoli 1940
Abbandonò lo studio della musica per iscriversi all'Accademia di Napoli, dove studiò sotto la guida di G. Toma. Esordì nel 1882, presentando alla Promotrice Salvator Rosa due Impressioni dal vero e Una riflessione nel mio studio e, a Genova, il quadro In attesa. L’anno seguente, sempre a Genova, presentò Una correzione e a Napoli, fra gli altri, Io da ccà non me movo. Dipinse scene di genere, sia a olio sia a pastello, dove la lezione tomiana si concretizzava nell'uso di una tavolozza ricercata e nella predilezione per le atmosfere sospese. Si dedicò anche a ritratti, di notevole scioltezza pittorica, a marine e a paesaggi partenopei (Capri, 1888, Napoli, Municipio). Fu assiduo alle mostre napoletane fino al 1911 (1886, Colomba colpita; 1888, Età felice; 1892, Piazza Vittoria, Impressioni; 1896, Un corteo, acquistato da Umberto I per il Palazzo Reale di Napoli) ed espose a quelle di Genova (1884, Campagna vesuviana, La matassa, 1887, Tipo veneziano), di Roma (1895, Interno d'una cantina della vecchia Napoli) e di Torino (1898, Un raggio ancora e Bozzetti dal vero).



