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De Nigris Giuseppe *

DE NIGRIS GIUSEPPE
Foggia 1832 - Marano (Napoli) 1903
Frequentò l’Accademia di Belle Arti di Napoli dalla fine del 1849, dove fu allievo di G. Mancinelli, ed esordì con successo alla Mostra Borbonica del 1855 con Cristo all'orto. Partecipò alla Mostra del 1859 con Ossian e Malvina (Caserta, Palazzo Reale) di evidente intonazione accademica, un tempo ritenuta la sua opera prima. Un sostanziale mutamento di indirizzo caratterizzò la produzione del pittore agli inizi degli anni '60 quando, all’insegna del vero, si orientò verso tematiche risorgimentali e scene di genere e in costume, realizzate con arguzia e umorismo. Dipinse anche soggetti neopompeiani e, in sintonia con il giovane G. Toma, nature morte. Con Toma condivise inoltre le ricerche figurative e l’atmosfera grave e malinconica di alcune opere legate nei valori chiaroscurali alla tradizione secentesca (La processione di penitenza nelle catacombe di Napoli, 1880, Napoli, Accademia di Belle Arti). Sviluppò un’intensa attività espositiva, non soltanto alle promotrici di Napoli (dal 1862), ma fra l’altro a Parma nel 1870 (Piccoli gladiatori pompeiani), a Roma nel 1872, a Vienna nel 1873 (Ultimo giorno di Pompei), e poi a Genova (fra il 1874 e il 1885), a Milano (fra il 1874 e il 1879), a Firenze (1875, 1892-1893), a Torino (1875, 1879, 1896), a Verona (1883, 1888) a Venezia (1887) e a Bari nel 1900. Agli anni della maturità, sempre più segnati da un nuovo realismo e dall'attenzione per la fotografia, appartengono Manichino (verosimilmente esposto a Firenze nel 1892- 1893, Foggia, Pinacoteca Comunale) e Lo studio del frenologo Gall (esposto a Napoli nel 1894, Roma, Palazzo del Quirinale).


De Nicola Francesco *

DE NICOLA FRANCESCO
Musellaro-Majella (Chieti) 1883 - Roma 1958
Allievo di M. Cammarano, V. Volpe e P. Vetri all'Accademia di Napoli, si dedicò in prevalenza ai dipinti di figura, prediligendo il nudo femminile, e realizzò ritratti di donna i cui preziosismi decorativi rimandano all'estetismo romano d'inizio secolo. Inviò le sue opere, caratterizzate da notevoli qualità di disegno, a diverse esposizioni: a Firenze nel 1906, a Napoli dal 1906 al 1911, a Roma nel 1908 e a Rimini nel 1909 (Rimembranza, Impressioni d'Autunno e Margherita).


De Napoli Michele *

DE NAPOLI MICHELE
Terlizzi (Bari) 1808 - 1892
Laureatosi in legge per volere paterno, frequentò dal 1833 al 1837 l'Accademia di Belle Arti di Napoli, dove fu uno dei migliori allievi di C. Angelini. Alla Mostra Borbonica del 1837 esordì con Alessandro infermo e il suo medico Filippo e a quella del 1839 espose La morte di Alcibiade (Napoli, Museo di Capodimonte). Vinto il pensionato artistico, si stabilì a Roma dal 1839 al 1841: a questa esperienza rimanda il Prometeo che anima la statua con la scintilla rapita al carro del sole (Napoli, Museo di Capodimonte), premiato alla Borbonica del 1841. Alle tematiche neoclassiche degli esordi subentrarono presto le opere di contenuto religioso, mentre l’artista veniva associando all’impegno pittorico quello teorico e pubblico: nel 1848 fu nominato nella commissione di riforma dell’Accademia di Napoli e pubblicò la Considerazione intorno alle istituzioni artistiche napoletane, in polemica con una impostazione didattica superata. Nel 1851 fu secondo al concorso per la cattedra di disegno e nello stesso anno espose alla Mostra Borbonica San Francesco d'Assisi mostra le sue stimmate a diversi frati (Napoli, Museo di Capodimonte). Lo studio dell'artista divenne un riferimento obbligato per molti giovani pittori suoi conterranei, come F. Netti, B. Molinaro e F. S. Altamura. Negli anni ’50 ebbe un periodo di grande operosità realizzando, fra l'altro, gli affreschi del coro nella chiesa napoletana di San Domenico Maggiore (San Tommaso che redige l’Ufficio per la messa del Sacramento, San Domenico che disputa con gli Albigesi, 1853-1854), il sipario del teatro Puccini di Bari (Torneo di re Manfredi, 1854), gli affreschi per la cattedrale di Capua (1856) e la pala d’altare destinata alla chiesa delle Benedettine di Catania (Miracolo di san Benedetto, esposto a Napoli nel 1859). Dopo la caduta dei Borboni ricoprì prestigiosi incarichi pubblici: fra l’altro fu Ispettore del Museo Nazionale (1860) e direttore dell’istituto di Belle Arti. Rientrato nella nativa Terlizzi alla morte del padre (1863), fu assorbito dalle attività politiche e socio-culturali e trascurò l'impegno pittorico, al quale ritornò negli inoltrati anni '70 (Battesimo di sant'Agostino, Morte di san Girolamo, 1877, cattedrale di Altamura; San Tommaso e la disputa del Sacramento, 1878; Invenzione della Madonna di Sovereto, 1882; Maddalena penitente, 1884; Le tre Marie dopo l'espiazione al Calvario, 1885, cattedrale di Terlizzi). Nella cospicua collezione lasciata dall'artista al comune della sua città si conservano oltre centotrenta fra quadri e studi e una ricca collezione di disegni.


De Min Giovanni *

DE MIN GIOVANNI
Belluno 1786 - Tarzo (Treviso) 1859
Allievo del pittore bellunese L. Sergnano e in seguito dell'incisore P. Filippi, dal 1803 studiò insieme a F. Hayez presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia sotto la guida di L. Querena e T. Matteini. Grazie all'appoggio di L. Cicognara ottenne nel 1809 il pensionato artistico per recarsi a Roma, dove frequentò assiduamente lo studio di A. Canova e la cerchia dei Nazareni. Di quel periodo sono rimasti due soli dipinti, inviati come saggi all’Accademia di Venezia (Ajace, 1812, Belluno, Museo Civico; Ercole al bivio tra il Vizio e la Virtù, 1813, Venezia, Intendenza di Finanza). Fondamentali nella sua formazione furono la collaborazione come disegnatore alla Storia della scultura di Cicognara, che gli consentì lo studio approfondito dell’arte medievale e rinascimentale, e l’intervento nella decorazione della galleria Chiaramonti dei Musei Vaticani (Pittura rimessa in onore, lunetta). Durante il soggiorno romano ritornò più volte a Venezia per eseguire decorazioni a fresco in case patrizie (1814-1816). Nel 1817 vi fu chiamato, insieme a Hayez, per partecipare con il dipinto la Regina di Saba (perduto) alla decorazione delle stanze dell’imperatrice Carolina Augusta. In seguito si dedicò quasi esclusivamente alla decorazione, soprattutto in area padovana, dove la sua fama si consolidò maggiormente con cicli decorativi di soggetto mitologico, nei quali espresse una personale interpretazione del repertorio neoclassico, di cifra nazarena ma intessuta di spunti eclettici (Palazzi Papafava, 1818; Treves, 1822; Rusconi Sacerdoti, 1824; Gaudio, 1825; Revedin, 1828; Rossi Moschini, 1830). L’esito negativo dell’unico dipinto di soggetto storico da lui eseguito, L'eccidio di Alberico da Romano (disperso), inviato nel 1825 all’Esposizione dell’Accademia di Venezia, lo convinse ad abbandonare il Veneto per Milano dove, sebbene accolto benevolmente dalla committenza aristocratica, non ottenne il consenso sperato. Rientrato a Belluno, dove godeva invece di una fama ormai consolidata, si assicurò numerosissime commissioni per soggetti sacri e profani inaugurando, con gli affreschi eseguiti nel 1829 nel Palazzo Municipale di Belluno (La pace tra il vescovo Giovanni e i Veneziani e L'assalto di Ezzelino), un filone storico ispirato al recupero della tradizione cinquecentesca locale. A questo intervento ne seguirono molti altri in area bellunese e trevigiana, fra cui quello eseguito nel palazzo sansoviniano di Ceneda, L'apoteosi dell'imperatore Ferdinando I (1841-1844), il più prestigioso e impegnativo.


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