D'Andrade Alfredo *
D’ANDRADE ALFREDO
Lisbona (Portogallo) 1839 - Genova 1915
Giunse a Genova nel 1854, inviatovi dalla famiglia per occuparsi di affari commerciali; dopo aver visitato l’Esposizione Universale di Parigi del 1855 (dove fu colpito dall’opera di A. Calame) e dopo aver compiuto un tour nel 1856 a Roma, Napoli e Firenze, decise di dedicarsi completamente all’arte, nonostante l’opposizione della famiglia. Nel 1857 si iscrisse all'Accademia Ligustica ai corsi di architettura e parallelamente si avvicinò alla Scuola Grigia e, tramite T. Luxoro, ai paesaggisti più aggiornati. Nel 1860 fu a Ginevra, dove frequentò lo studio di Calame e conobbe A. Fontanesi, ed esordì alla Promotrice di Genova. Nel 1861, nel Delfinato, conobbe F. Ravier, J. Dupré e E. Bertea; seguirono numerosi viaggi e incontri con artisti di cui sono da ricordare soprattutto quelli con E. Rayper, con i piemontesi C. Pittara e F. Pastoris. A questi contatti si aggiunse la conoscenza diretta dell’opera dei Macchiaioli presenti in Liguria già negli anni ’50 (nel 1863 dipingerà egli stesso al Gombo, presso Pisa). Abbandonata la maniera accademica di Calame e dopo aver aderito ai modi di Fontanesi, la sua pittura si inserì nelle ricerche più impegnate sul fronte del Realismo. Fra i numerosi dipinti di questi anni e le relative presenze alle esposizioni (Genova, Firenze, Milano, Torino, Universale di Parigi del 1867 e di Vienna del 1873, Nazionale di Parma del 1870), degno di nota è soprattutto il Motivo sulla Bormida (1865) della Galleria Civica d'Arte Moderna di Genova che, insieme alle collezioni municipali torinesi, vanta il maggior numero di suoi dipinti (Carcare, 1869). Partecipò al dibattito contro l’accademismo conservatore, anche a favore del rinnovamento delle arti applicate, in vista di un legame con la nascente produzione industriale. A partire dal 1870 si occupò sempre più di problemi di restauro e tutela dei monumenti, abbandonando progressivamente la pittura. Nel 1885 fu nominato regio delegato per la conservazione dei monumenti del Piemonte e della Liguria.
D'Ancona Vito *
D’ANCONA VITO
Pesaro 1825 - Firenze 1884
Nato da una famiglia agiata, giunse a Firenze nel 1844 per frequentare l’Accademia di Belle Arti, dove studiò con G. Bezzuoli. Esordi nel 1846 con La preghiera, uno «studio dal vero», come indicato nel catalogo dell’Esposizione fiorentina. Nel 1851 presentò alla Promotrice di Firenze l’acquerello con il Ritratto di Gioacchino Rossini, suo compatriota e amico di famiglia. Giovane colto e partecipe dei fermenti innovativi della società europea, fin dai primi anni ’50 spronò gli amici del Caffè Michelangiolo alla conoscenza della. letteratura e della filosofia francesi contemporanee. Nel 1856 trascorse con T. Signorini un periodo di studio a Venezia; al ritorno espose a Genova un Ritorno dal ballo, uno dei primi soggetti di vita contemporanea, al quale, nel 1857, seguì Le maschere, noto attraverso un bozzetto (Firenze, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti). Non tralasciò comunque la ricerca sul tema di storia tanto che nel 1861 alla prima Esposizione Italiana presentò un soggetto desunto dalla vita di Dante. Ai primi anni '60 risale uno dei rari di-pinti che, insieme alla Signora in giardino (coll. privata), indicano la sua adesione alla poetica macchiaiola: si tratta di Portico (Firenze, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti). In L'esilio di Giano della Bella (1864, coll. privata) si ha un esempio di come l’artista in quegli anni fosse impegnato ad applicare anche al quadro di storia le ricerche analitiche e luministiche della “macchia”. Nel 1865 si trasferì a Parigi, e lì si dedicò essenzialmente a temi intimi e domestici, legati alla vita agiata della famiglia del fratello, che lo ospitava: La finestra sul pomaio, Al pianoforte, Signora in conversazione, quadri resi con una pennellata intrisa d’aria e di luce. Nel frattempo cominciò a eseguire nudi di donna (Nudo, 1873, Milano, Galleria d’Arte Moderna), tema che non avrebbe più abbandonato e che col tempo avrebbe condotto con una maniera sempre più tornita e compatta. Tornato a Firenze nel 1874, anche a causa della malattia che presto lo condurrà alla morte, si impegnò in molte battaglie culturali, come quella tesa a impedire il crescente accentramento a Roma della vita artistica dell’Italia post-unitaria. Frattanto il suo stile si era fatto discontinuo: accanto a dipinti “impressionisti” come Le corse alle Cascine (coll. privata), eseguì opere pacate e solenni come Paesaggio toscano (già raccolta R. Carnielo). Dal 1878 alla morte, le sofferenze procurategli dalla malattia gli impedirono quasi del tutto di lavorare.
D'Amato Raffaele *
D’AMATO RAFFAELLO
Maiori (Salerno) 1857 - 1921
Allievo di G. Di Chirico, frequentò l'Accademia di Belle Arti di Napoli e successivamente completò i suoi studi a Roma. All’esordio si interessò al paesaggio di tradizione romantica e agli studi dal vero (Naufragio nel Canale di Procida, esposto alla Promotrice napoletana del 1876; L'autunno, esposto a Milano nel 1878; Spiaggia di Maiori, esposto a Milano nel 1879; Marina di Majuri, esposto a Roma nel 1880), ma si indirizzò presto a una fortunata produzione di quadri di genere che presentò alle mostre della Salvator Rosa (1885, Il trovatore moderno, Pe mo pigliate cheste; 1887, Di ritorno dal convento; Per mancanza di vino): fra questi, L'orto della Badessa (o II Chiostro, presentato nel 1888, Napoli, Comune) evidenzia una forte attenzione al dato naturalistico che sembra prevalere sull’intento narrativo. Tornato negli anni '80 a vivere a Maiori, l'artista seguitò a esporre a Milano (1881, 1882, 1886, 1906), a Torino (1884, 1892), a Firenze (1885) e a Venezia (1887).

