Canella Giuseppe *
CANELLA GIUSEPPE
Verona 1788 - Firenze 1847
Avviato alla pittura dal padre Giovanni, architetto e scenografo, esordì al suo fianco come decoratore di scene teatrali e con affreschi in residenze veronesi, di gusto neoclassico. Passato alla pittura da cavalletto si affermò rapidamente come paesaggista. Dopo un soggiorno a Venezia fra il 1815 e il 1818, fondamentale per l’assimilazione della tradizione vedutistica canalettiana, frequentò per qualche tempo l’Accademia di Brera. Insofferente dell’ambiente accademico milanese, compì prima un viaggio in Spagna e dal 1823 si stabilì a Parigi, dove espose con successo ai Salon del 1826, 1827 e 1830. Della produzione francese rimangono tracce nei taccuini (Milano, castello Sforzesco), repertorio di immagini utilizzato anche dopo il ritorno in patria, in alcuni importanti dipinti come Le tintorie di Rouen (Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo). Dal 1834 comparve alle mostre di Brera un buon numero di dipinti ripresi a Venezia, in Trentino, in Spagna, in Olanda, in Normandia. Le vedute prospettiche, animate da intensi spaccati di vita cittadina furono, al pari di quelle di G. Migliara, gradite al gusto di ampie fasce di aristocrazia e alta borghesia lombarda. Alle vedute urbane l'artista affiancò il paesaggio sempre animato da figure, interpretato con intensi effetti atmosferici e un prezioso cromatismo che aveva dedotto dal paesaggismo nordico appreso durante il periodo parigino (Burrasca sulla spiaggia di Scheventingen, 1839, Milano, Accademia di Brera). Dal soggiorno romano compiuto tra il 1838 e il 1839 riportò suggestioni di colore che trovarono espressione in dipinti come Lo spuntar dell'aurora nella campagna di Roma (Milano, Accademia di Brera). La fase più tarda della sua opera fu connotata da una dimensione narrativa più marcata, e da un fare più approssimativo e veloce.
Canella Carlo *
CANELLA CARLO
Verona 1800 - Milano 1879
Allievo del fratello Giuseppe, dopo un periodo di studi all’Accademia veronese esordì all'Esposizione milanese del 1829 con un Ritratto. Dal 1835 partecipò alle mostre veronesi (1836, Ingresso di S. Bernardino, Verona, Galleria d’Arte Moderna) e a quelle di Milano (1837, Interno dello studio di un pittore, dal vero, Milano, Galleria d’Arte Moderna) con vedute di Verona, Venezia, Milano, interni di chiese (due Interni del Duomo di Milano, Trieste, Museo Revoltella) e domestici, animati spesso da figure e scene di genere; in essi appare significativa la sintonia con i modi di G. Migliara. Nominato accademico, partecipò fino al 1876 alle esposizioni.
Canella Antonio *
CANELLA ANTONIO
Attivo fra il 1870 e il 1887
Pur nell’assenza di notizie biografiche sull’artista, la cospicua documentazione espositiva lo rivela orientato alla pittura di genere, che trattò sia a olio sia a pastello sia ad acquerello: presente alle mostre di Milano (1870, La visita del Mecenate, 1877, Contemplazione; 1881, Bibliomane) e di Torino (1870, Visita all'amico; 1875, In sagrestia; 1882, Un uomo d'ingegno), Canella espose, più raramente, anche a Genova (1875, Filarmonico).
Candido Salvatore *
CANDIDO SALVATORE
Attivo a Napoli fra il 1814 e il 1869
L’individuazione di alcuni paesaggi in collezioni private ha recentemente consentito la ricostruzione di questa figura di paesaggista, fino ad allora celato fra la produzione attribuita a G. Gigante. Autore di un dipinto di carattere cronachistico, il Ritorno del Re (acquistato dal re Francesco I alla Mostra Borbonica del 1826, Caserta, Reggia) entrò in seguito a contatto con la Scuola di Posillipo, assumendo modi vicini a quelli di Gigante (Veduta di Napoli da Santa Lucia, 1849, coll. privata; Villa Comunale,1869, coll. privata).
Camuccini Vincenzo *
CAMUCCINI VINCENZO
Roma 1771 - 1844
Affidato dal fratello Pietro, collezionista e mercante d’arte, alle cure del pittore D. Corvi, fu introdotto nell’ambiente della cultura tardosettecentesca del salotto romano di A. Kauffmann. Riconducibile a quel contesto è il Paride bambino (1796, Roma, Museo di Villa Borghese) in cui l'ammirazione per il classicismo erudito e sentimentale di G. Hamilton è confortata dallo studio diretto di N. Poussin. Tra il 1790 e il 1797 frequentò l’Accademia dei Pensieri dove poté conoscere i pittori fiorentini P. Benvenuti e L. Sabatelli, il lombardo G. Bossi e gli stranieri F. X. Fabre, J. B. Wicar e M. Muller. Grazie a questi incontri maturò in La morte di Cesare (prima versione, distrutta, 1793; replica, 1816-1817) e in La morte di Virginia (1800 ca.; entrambe a Napoli, Museo di Capodimonte) il di-stacco dalla matrice settecentesca tanto da divenire il portabandiera italiano della pittura di storia, alla maniera di J. L. David. L’artista riuscì a congiungere la severa composizione fortemente disegnata, di stampo davidiano, con un colore ricco e luminoso, reso con pennellate rapide e sicure, derivato dalla tradizione romana. La sua pittura, nella Roma napoleonica e della Restaurazione, si contrappose, in un'antitesi più apparente che reale, allo schieramento di G. Landi, con il quale l'artista si trovò a “gareggiare” in più occasioni: nella chiesa di San Giovanni in Canale di Piacenza (1806-1810) e in Palazzo Baglio ni a Perugia (1807-1816); a Roma (in Palazzo Torlonia, 1810-1816; Palazzo Gabrielli a Montegiordano, 1809-1811 e al Quirinale), dove Camuccini accentuò il tono aulico dei rimandi cinquecenteschi nel Carlo Magno che fonda le prime università italiane e nel Tolomeo Filadelfo istituisce la Biblioteca di Alessandria (1812-1813, Roma, Montecitorio). Nel 1810 visitò Monaco e Parigi dove, a stretto contatto con J. L. David e il suo atelier elaborò la Continenza di Scipione (bozzetto, Cantalupo, Roma, coll. Eredi Camuccini; replica a Vienna, Kunsthistorisches Museum). Ispirati al medesimo rigore e asciuttezza compositiva sono una serie di soggetti romani: Cornelia Madre dei Gracchi (1810-1811, Lucca, Palazzo Ducale), Storie di Attilio Regolo, Pompeo che riceve la spada da Marcello Lentulo per andare contro Cesare (1808-1816), Virgilio che legge l'Eneide ad Augusto (1819 ca.), Le donne romane portano le gioie all'erario (1816-1820), la Partenza di Attilio Regolo (1816-1824, Roma, Museo di Palazzo Braschi), Lucrezia trovata al lavoro da Collatino e dai figliuoli di Tarquinio (1824): tutte opere replicate più volte (studi in coll. Eredi Camuccini, Cantalupo, Roma). Con l’affermarsi della corrente purista iniziò il declino del suo linguaggio classicista e, come nella Conversione di S. Paolo (1835, Roma, basilica di San Paolo), segnato da un violento luminismo di matrice caravaggesca. L’opposizione al suo stile finì per configurarsi nell’ambiente culturale romano in una contrapposizione di politiche culturali, dove Camuccini mantenne comunque un ruolo ufficiale, convalidato da importanti incarichi vaticani ai quali si aggiunsero quelli borbonici. Raffinato e aulico ritrattista, effigiò l’alta società, papi e regnanti, nobili e artisti della Roma di inizio secolo: fra i più noti il Ritratto di Pio VII (1814-1815, Vienna, Kunsthistorisches Museum) e quello della Regina Maria Luisa (Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti).


