Bisi Luigi *
BISI LUIGI
Milano 1814 - 1886
Figlio del pittore Michele e nipote dell'affermato vedutista Giuseppe, compì la formazione artistica all’Accademia di Brera dal 1825, proseguendo anche, parallelamente, gli studi di matematica, di volumetria e di meccanica. Negli anni seguenti il suo esordio, avvenuto a Brera nel 1831 con un acquerello rappresentante un Interno del Duomo di Milano, venne spesso indicato dalla critica come l’erede di G. Migliara: innestò infatti la propria ricerca sulle vedute prospettiche d'interno ma sviluppata più sull’attenta analisi oggettiva degli spazi che sulla resa ambientale o suggestiva. L'attenzione ai valori prospettici lo indusse a studiare i medesimi soggetti in molteplici varianti, che per anni espose alle mostre braidensi: il Duomo di Milano e Sant'Ambrogio di Milano, la Certosa di Pavia, Orsanmichele di Firenze e la chiesa di Brou presso Bourg-En-Bresse. Si tratta quasi di una produzione seriale, in gran parte non datata e che, insieme alla collocazione in raccolte private, rende complessa l'identificazione dei dipinti. Il largo successo ottenuto, indice anche di un mutamento di gusto all’interno della borghesia e dell’aristocrazia lombarda, gli procurò committenze di prestigio come quella dell'imperatore per un Interno del Duomo di Milano (1841). Nel 1851 ottenne a Brera la cattedra di prospettiva subentrando al suo maestro F. Durelli, e dal 1852 al 1857 fu professore provvisorio per ingegneri e architetti: qui introdusse l'insegnamento elementare della geometria e l’uso del colore nei corsi di architettura e prospettiva; dalla fine degli anni '50 cominciò a lavorare anche in campo architettonico. Nel 1880 fu eletto presidente dell’Accademia di Brera.
Bisi Giuseppe *
BISI GIUSEPPE
Genova 1787 - Milano 1859
Nacque in una famiglia di artisti: sia il padre sia il fratello Michele (Genova 1788 - Milano 1874), infatti, erano pittori, e fu a sua volta maestro delle figlie Antonietta e Fulvia. Presente a partire dal 1818 alle esposizioni di Brera, in breve tempo si guadagnò un posto di rilievo nel campo del Vedutismo lombardo, in competizione con M. Gozzi che sostituì presso la committenza aristocratica e nelle cariche accademiche. Già nel 1829 socio dell’Accademia di Brera, dal 1838 ottenne la cattedra di paesaggio, appositamente istituita, e poi mantenuta fino al 1856. Nelle opere anteriori al 1830 si limitò a raffinare, con sapienza descrittiva, la tradizionale veduta prospettica animata da piccole figure (Panorama di Genova e del porto visti dall'alto, 1825 ca., Milano, Galleria d'Arte Moderna). Nel 1829, da un viaggio di studio a Roma, rientrò con una grande quantità di studi e bozzetti, dai quali trasse negli anni seguenti numerose tele di soggetto laziale (Veduta di Castelgandolfo, 1830; Paesaggio di fiume, 1838, Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo). Nelle vedute posteriori si accostò al genere di paesaggio “storico” (Orlando e Rodomonte che combattono sul ponte, 1838 ca., Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo), a quello “urbano e pittoresco” oppure di gusto aneddotico (Veduta della Villa Rajmondi presso Como un momento dopo l'arrivo di S.M. l'imperatore Ferdinando I, commissionato nel 1838 dall’imperatore).
Bisi Fulvia *
BISI FULVIA
Milano 1818 - 1911
A partire dal 1842, anno del suo esordio all’Esposizione di Brera, la Bisi fu per oltre cinquantanni una presenza costante alle mostre milanesi, dove espose prevalentemente i suoi paesaggi lombardi e ticinesi. Allieva del padre G. Bisi, rimase inizialmente legata ai modi e allo stile paterno (Naviglio di Pavia a P.ta Ticinese, Milano, Museo di Milano); già a partire dalla seconda metà degli anni '40, tuttavia, se ne distaccava, proseguendo autonomamente la sua ricerca verso una resa pittorica più abbreviante e immediata (Bosco nei dintorni di Lugano, esposto a Milano nel 1864, Milano, Galleria d'Arte Moderna; Un turbine, esposto a Milano nel 1872, Milano, Pinacoteca di Brera). Presente fin dal 1860 anche alle promotrici di Torino (Vedute di monti di Mandello), dal 1864 a quelle di Genova e dal 1867 a quelle di Firenze, nel 1887 presentava alI'Esposizione Internazionale di Venezia una Palude con effetto di temporale.
Biseo Cesare *
BISEO CESARE
Roma 1843 - 1909
Ricevuti i primi rudimenti artistici dal padre Giovanni Battista (1815-1865 ca.), pittore scenografo attivo nei teatri romani Apollo (1849-1859) e Argentina (1855-1858), Biseo ebbe inizi da prospettico e decoratore ma si volse presto alla pittura dal vero allontanandosi dall’educazione classicista. Nel 1869 fu chiamato a decorare alcuni edifici pubblici in Egitto, fra i quali il teatro dell'Opera del Cairo e qui, nel corso del 1870, trasse gli spunti per dipinti di varie dimensioni e formato (Impressioni dal vero, Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna) con studi di paesaggio, di figura e ritratti. Al Cairo probabilmente incontrò S. Ussi con il quale stabilì un fertile confronto di esperienze: al pittore toscano, così distante per formazione artistica, Biseo dovette se non altro la conoscenza del genere di orientalismo alla Decamps. Dal successivo viaggio in Marocco, in compagnia di Ussi e di E. De Amicis, nel 1875, ebbe origine il resoconto di viaggio del giornalista scrittore illustrato dai due artisti (Marocco, edito da Treves nel 1877). Nel 1878 realizzò le illustrazioni di Costantinopoli, pure di De Amicis. In seguito a queste esperienze andò maturando, fino agli anni '90, un personale realismo da “reportage di viaggio”: infatti, dopo l’esordio a Vienna nel 1873, dal 1877 (Palazzo di giustizia a Tangeri, esposto a Napoli) si presentò alle esposizioni italiane e straniere con soggetti orientali. Tornò all'affresco per decorare, con D. Bruschi, C. Badili, P. Joris, F. Jacovacci e altri artisti il nuovo salone espositivo dell'Associazione Artistica Internazionale in via Condotti a Roma. Nel 1886 lavorava al Ricevimento della prima missione sciolana al Quirinale per il Ministero di Pubblica Istruzione, opera mai portata a termine, i cui studi (Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Istituto Italo-Africano) furono riutilizzati per la Battaglia di Dogali (1887, Palermo, Palazzo dei Normanni). Riaccostatosi al paesaggio negli anni '90, fu nel 1904 tra i fondatori del gruppo dei “XXV della Campagna Romana”, con il soprannome di “cairate”, datogli da C. Pascarella per via dei suoi soggiorni africani.



