Bartolena Giovanni *
BARTOLENA GIOVANNI
Livorno 1866 - 1942
Cresciuto con lo zio Cesare che lo avviò alla pittura, si trasferì ventenne a Firenze per studiare con G. Fattori; esordì all’Esposizione di Torino del 1892, nella sezione Arte Moderna, con due paesaggi della campagna livornese (Strada di collina presso Livorno e Pascolo in Campo al Melo, presso Livorno), mentre fra il 1893 e il 1894 e nel 1896 espose a Firenze altri paesaggi e studi di animali. Dopo il dissesto finanziario della famiglia, nel 1898 tentò la fortuna a Marsiglia, rientrando dopo qualche mese a Firenze. Nel 1915 Bartolena si recò a dipingere, ospite di P. Nomellini, a Fossa dell'Abate, in Versilia, e qualche anno più tardi si stabilì definitivamente presso il fratello Adolfo, a Livorno. Solo nel 1927 Bartolena ottenne i primi riconoscimenti, fra gli altri quello di C. Carrà e l’ammirazione di A. Tosi. La critica apprezzò nelle sue opere, soprattutto i paesaggi e le marine, il recupero del formato ridotto delle tavolette macchiaiole e la rein-terpretazione della “macchia”, che viene spogliata del suo valore tonale e assunta nella pura funzione materica di un linguaggio semplificato, quasi naif.
Bartolena Cesare *
BARTOLENA CESARE
Livorno 1830 - 1903
Zio del più noto Giovanni, fu allievo di E. Pollastrini all'Accademia di Belle Arti di Firenze, e nel 1848 partecipò come volontario alla prima guerra d'Indipendenza. Partecipe dei fermenti unitari del '59, trasse ispirazione soprattutto da soggetti militari, interpretati con una vena patetica, ma sempre sostenuti da una forma severa e da una luce ferma che esalta l’intonazione sui toni grigi della tavolozza. Nel 1860 ebbe un secondo premio al concorso Ricasoli e negli anni successivi prese parte alle principali esposizioni italiane. Frequentò il Caffè Michelangiolo e fu amico di G. Fattori, ma restò estraneo alla ricerca dei Macchiaioli, attento piuttosto alla piana documentazione della realtà, come nel suo dipinto più famoso: I volontari livornesi partono per la guerra liberatrice della Sicilia (presentato a Milano nel 1872, Livorno, Museo Civico Giovanni Fattori). S'interessò anche di fotografia e aprì uno studio di posa nella sua città.
Bartezago Luigi *
BARTEZAGO LUIGI
Milano 1820 - Colnago (Milano) 1905
Controversa è la dizione esatta del nome del pittore, che ha firmato una serie di vedute di Milano a volte come “Bartezaghi”, “Battezzati” o “Bartezago”. Disegnatore di costumi teatrali, litografo e fotografo, affiancò a queste attività quella di pittore, documentata dalla costante presenza, dal 1851 al 1894, alle esposizioni di Brera a Milano, nonché alle promotrici di Genova e Torino. L'interesse per la fotografia si accompagnò con la ricerca di una rappresentazione esatta, oggettiva, che l'artista conduceva nelle vedute e nelle prospettive, genere pittorico in cui, sulla scia di L. Bisi, raggiunse i suoi risultati migliori. Soggetti ricorrenti furono gli edifici monumentali milanesi (Veduta di S. Lorenzo in Milano, presa dalla Vetra, 1851; L'interno della chiesa di S. Alessandro in Milano, 1853) insieme a scorci pittoreschi di Venezia. Puntuale è anche la ricerca di effetti d'ambiente come in Veduta dell'Albergo di Bellagio, con effetto di notte (esposto a Milano nel 1851) o Veduta del Palazzo ducale di Venezia, con temporale, esposto a Genova nel 1862).
Bartezago Enrico *
BARTEZAGO ENRICO
Attivo a Milano fra il 1870 e il 1908
Citato anche come Battezzati o Bartesago, l'artista figura assiduo alle mostre braidensi (almeno dal 1870 al 1906) e presente ad altre manifestazioni italiane fino al 1908. Preferì il soggetto di genere (Il riposo, esposto a Milano nel 1870; Il Diavoletto di Cartesio, esposto a Milano nel 1876; I bimbi dei nostri villici, esposto a Milano nel 1887; Triste scoperta, presentato a Milano nel 1894), ma tentò anche il paesaggio, soprattutto quello della Valsesia, con vedute che ricorrono più frequenti negli ultimi anni del secolo (Fra i monti della Valsesia, esposto a Milano nel 1897; Torrente in Valsesia, esposto a Milano nel 1900).


