Angiolini Napoleone *
ANGIOLINI NAPOLEONE
Bologna 1797 - 1871 ca.
Fu allievo di G. B. Frulli all’Accademia di Bologna, e nel 1821 fu premiato per il San Giovanni Battista benedicente (Bologna, Accademia di Belle Arti). Dal 1824 al 1829 completò la sua formazione a Roma da dove inviava saggi di tema storico, tra i quali l ’ Omero in casa del pastore Eumeo e il Socrate in carcere (Bologna, Pinacoteca Nazionale). Seguì anche i corsi di disegno presso l’Accademia di Francia, ricavandone un indirizzo verso la grafia neoclassica che appare evidente nel saggio del 1826: Il Conte di Carmagnola, generale de' veneziani, che tradotto al supplizio viene incontrato dalla moglie e dalle figlie (Bologna, Pinacoteca Nazionale). Nel 1831, chiamato da D. Ferri, passò a Napoli a lavorare come scenografo figurista al teatro San Carlo; esperienza che ebbe di certo peso nella sua maturazione futura. L'assunzione di una forma libera dalle convenzioni neoclassiche è infatti presente nelle opere degli anni successivi, come le figure della Poesia religiosa e della Fama nella sala Farnese del Palazzo Comunale di Bologna, la Presentazione di Gesù al Tempio nella chiesa di Santa Maria Lacrimosa degli Alemanni, il Sant'Ambrogio nella chiesa di Villanuova (1853). I legami con la più fertile tradizione dell’Accademia bolognese si possono cogliere nel bozzetto del distrutto sipario del teatro Comunale di Bologna (1854, Bologna, Ente Autonomo Teatro Comunale), dove il tema dell’Apoteosi di Felsina gli consentì l'impiego di provati ingredienti scenografici. Impianto vagamente teatrale hanno anche i dipinti originati da episodi del '48: Ugo Bassi sui gradini di S. Petronio e Combattimento dell'8 agosto alla Montagnola (entrambi a Bologna, Museo Civico del Risorgimento). Professore di figura all’Accademia dal 1838 al 1859, nel 1870 era ancora attivo e lavorava agli affreschi della chiesa di San Sigismondo.
Angelini Costanzo *
ANGELINI COSTANZO
Santa Giusta degli Abruzzi (Rieti) 1760 - Napoli 1853
Giovanissimo, con il fratello Loreto si stabilì a Roma per dedicarsi agli studi umanistici. Nella capitale pontificia, pur continuando a coltivare gli interessi letterari, cominciò anche la sua formazione artistica: fu per un breve periodo alunno di M. Caprinozzi e di D. Corvi. Successivamente si legò alla cerchia dei pittori dell’Accademia di Francia, acquisendo un linguaggio neoclassico di matrice davidiana. Nel 1784, grazie alla particolare abilità nel disegno, collaborò all'opera incisoria di G. Volpato e R. Morghen: Principi del disegno tratti dalle più eccellenti statue antiche (Roma, 1786). Nel 1790 fu invitato a Napoli dall’ambasciatore inglese Lord W. Hamilton che gli commissionò i disegni della sua collezione di vasi antichi, opera che per ignote ragioni non fu poi realizzata dall'Angelini. L'attività grafica è comunque documentata dalla Collezione dei vasi campani del Marchese Vivenzio (pubblicata solo nel 1900). Agli anni '90 risalgono i noti ritratti a pastello che mostrano una profonda indagine del dato naturalistico e psicologico. Ricordiamo quello della Regina Maria Carolina d'Austria (Napoli, Museo di San Martino), e l'Autoritratto del 1801 (Napoli, Galleria dell’Accademia). Nel 1797 realizzò il ritratto a olio, a figura intera, del Marchese del Gallo, rappresentante di Ferdinando IV alle trattative di pace di Campoformio. Il decennio murattiano segnò un momento decisivo per la fortuna dell’Angelini, al quale il governo francese diede importanti incarichi ufficiali: nel 1809, nominato professore di disegno presso l’Accademia, elaborò un piano di rinnovamento didattico. Nello stesso anno eseguiva il ritratto a figura intera di Giuseppe Bonaparte (Caserta, Palazzo Reale), richiestogli dalla regina Carolina. Pure al decennio francese è riferibile il ritratto del musicista Nicola Zingarelli (Napoli, Museo di San Martino). Con il ritorno dei Borboni nel 1815 l’artista continuò la sua attività di docente presso l’Accademia, e tradusse le sue esperienze in scritti teorici (Alcune idee di Costanzo Angelini per promuovere le arti liberali, Napoli, F.Del Vecchio, 1820). La produzione ritrattistica non subì flessioni qualitative, come ci conferma il ritratto dell’Astronomo Piazzi (esposto alla Biennale Borbonica nel 1826, Napoli, Museo di San Martino), il noto ritratto di Madama Rega (1820- 1830), i ritratti della Figlia Teresa (Napoli, Galleria dell’Accademia) e dell’artista Filippo Tagliolini (Napoli, Museo di San Martino), oltre a numerose altre prove in collezione privata. Le fonti documentano anche l’esecuzione di opere di soggetto sacro attualmente disperse.
Angelini Annibale *
ANGELINI ANNIBALE
Perugia 1812 - 1884
Ricca e variegata è la produzione di questo artista che seppe innestare sulla solida formazione accademica, acquisita alla scuola di A. Minardi a Perugia e perfezionata a Roma e a Firenze, una naturale predisposizione per la pittura decorativa, trovando anche nel fiorente filone della progettazione scenografica una delle applicazioni a sé più congeniali. Spesso attivo in collaborazione con il conterraneo V. Baldini, insieme al quale fu allievo di A. Sanquirico a Milano, riuscì «di più alto intelletto, di più larga cultura, di meglio ideate concezioni», come annotava nel 1890 A. Luppatelli, suo primo biografo, riconoscendogli una freschezza di invenzione e un piglio esecutivo immuni da cedimenti alla sterile 'maniera' o ai rischi di un troppo facile me-stiere. I numerosissimi interventi decorativi nelle nobili residenze romane (palazzi Doria, Torlonia, Chigi, Lancellotti) e perugine (palazzi Florenzi, Angelini, Monticelli), nelle ville alessiane a Genova e in Palazzo Reale a Torino, rivelano tutta la piacevolezza di un repertorio in cui riuscì a fondere stilemi alla moda con colte citazioni neorinascimentali. Parallelamente alla fortunata attività di decoratore e scenografo (si ricorda fra tutti l’applauditissimo apparato scenico allestito a Bologna nel 1832 per la rappresentazione dei Capuleti e Montecchi di Bellini) si applicò a una non meno apprezzata produzione di dipinti da cavalletto, privilegiando temi storici (Il ritorno di Amedeo VI dall'Oriente, Ludovico re di Ungheria, Ezzelino da Romano, Torino, Palazzo Reale), ma anche soggetti in cui poté riproporre arditi scorci prospettici (Interno della basilica di San Pietro a Perugia) e ariose composizioni di sapore teatrale, animate da un vibrante descrittivismo (Il ritorno dalla caccia, 1882, Perugia, Accademia di Belle Arti). Copista sensibile e buon restauratore, trovò nella generosa committenza di Pio IX l’occasione per confrontarsi con capolavori cinquecenteschi (Roma, cappella Paolina, cappella Chigi in Santa Maria del Popolo, Sant'Agnese); memorabile, tra tanti, l'intervento nella Terza Loggia Vaticana, compiuto in «settanta giorni, in mezzo all'ammirazione concorde delle scuole d'arte italiane e straniere». Si dedicò all'insegnamento con un corso di prospettiva presso l'Accademia di San Luca e concretizzò il proprio impegno con la stesura di un Trattato teorico pratico (1861-1862).