Sembrare e non essere...

 

L'allenamento dell'occhio contro i falsi

Per gli amatori della pittura del XIX secolo che non hanno l’occhio allenato a un costante esercizio, le possibilità d’incappare nell’acquisto di un falso sono maggiori di quanto possa accadere a chi si appassiona ad altre epoche della pittura.
Le declinazioni del falso sono almeno tre, ognuna congegnata in maniera diversa e con un diverso grado di pericolosità.

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La copia
: è la più frequente, ne sono vittima soprattutto amatori alle prime armi o collezionisti di nuova formazione. Quasi sempre, all'origine, vi è un’opera famosa di una collezione prestigiosa o di un grande museo. L’alibi del copista sarà di proporla come  “replica” o “seconda versione” sfuggita al censimento dei cataloghi. Ai fini di differenziarla dall'originale, il soggetto risulterà rielaborato con alcune varianti distintive.  E’ però sufficiente un semplice confronto con l'esemplare autentico per cogliere i limiti della qualità e, eventualmente, l'impiego di  un supporto  invecchiato "ad arte".




A. Mancini, La venditrice

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Il falso totale: è il più sottile. Si tratta di un'opera frutto della libera fantasia che, però, nell’apparente “originalità creativa”, non si discosta dalla tematica del pittore preso di mira. Spesso il risultato è la conseguenza di un vero e proprio assemblaggio iconografico di particolari estrapolati da più quadri di uno stesso autore. Ciò che tradisce il puzzle è la difficoltà di immedesimarsi totalmente nello spirito dell’artista imitato, oltre, beninteso, saperne ricreare le peculiarità stilistiche. 

 

G. Fattori, La posta al campo

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Il falso d'epoca
: è il più insidioso. Richiede infatti una maggiore professionalità. Noto anche come “attribuzione abusiva”, ha per soggetto un dipinto anonimo, o di un artista secondario. Sovrapponendo alla firma originaria quella di un pittore molto ricercato, ad esso viene illegittimamente assegnata una nuova e più prestigiosa paternità. Questo caso è certamente il più sofisticato e sfruttato dal sottobosco che inquina il collezionismo. Per superare la prova del conoscitore, il falsario sceglie tra l’enorme quantità di dipinti di autori semisconosciuti contemporanei all’artista noto. Quanto più i caratteri tecnico-stilistici e il modulo compositivo del feticcio gli corrisponderanno - come nel caso della replica del dipinto di Simonetti con firma aopocrifa "S. Lega" (vedi esempio a fianco) - tanto più il battesimo risulterà credibile e il risultato finale sarà un falso "autentico". 

A. Simonetti, Ingresso alla "Vaccheria" di Capodimonte. 
Napoli, Accademia di Belle Arti

 

 

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