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Benvenuti Tito *

BENVENUTI TITO
Firenze 1805 - 1878 ca.
Dal 1816 fu allievo del padre Pietro all’Accademia di Firenze e ottenne menzioni accademiche nel 1824 e nel 1828 (Gesù Cristo nel deserto servito dagli angioli), affermandosi poi al concorso del 1831 con un Raffaello che mostra a Leone X una sacra Famiglia per Francesco I di Francia. Evidenti i riferimenti alla tradizione secentesca nel Caino (1830, Firenze, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti), dove peraltro si può individuare l'influenza di G. Bezzuoli nell'accentuazione patetica della figura e nella morbidezza cromatica. Staccatosi infatti dal Neoclassicismo paterno, l'artista piegò verso un tipo di romanticismo comune anche ad altri artisti toscani del suo tempo, sensibile alle tematiche “borghesi” o fantasiosamente esotiche (Orizimbo, nipote di Montezuma che salva dal naufragio Amazii sua sorella, presentato al concorso Accademico del 1834). Autore anche di ritratti, dal 1839 al 1844 Benvenuti insegnò all’ Accademia e vi espose fino al 1857.


Benvenuti Pietro *

BENVENUTI PIETRO
Arezzo 1769 - Firenze 1844
Allievo di G. Piattoli e P. Petroni all’Accademia di Firenze, dal 1792 al 1804 fu a Roma, dove strinse amicizia con V. Camuccini e con lo scultore danese B. Thorvaldsen. Nel 1794 dipinse Il martino di San Donato per il Duomo di Arezzo, in forme ancora legate alla cultura settecentesca, mentre nella Giuditta del 1803 (Arezzo, Duomo) mostrava di aver risentito del Classicismo davidiano del Camuccini. Accanto ai soggetti devozionali, Benvenuti prese a dedicarsi ai temi mitologici e letterari come nel Cefalo e Procri realizzato nei primi anni del secolo (Venezia, Pinacoteca Manfrediniana del Seminario). Nello stesso anno fu nominato accademico di San Luca e chiamato alla cattedra di pittura dell'Accademia fiorentina, divenendone poco dopo direttore. Pittore della corte toscana durante la reggenza di Elisa Baciocchi, nel 1812 dipinse il Ritratto di Elisa Baciocchi fra gli artisti (Parigi, Louvre) e, per Napoleone, il Giuramento dei Sassoni (Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti). Nello stesso tempo assolse alle numerose commissioni private di quadri di soggetto storico e religioso e di ritratti (Il barone e la baronessa Shubart, castello di Holsteimborg). A Parigi, dove nel 1809 aveva potuto conoscere J. L. David, l’artista tornò nel 1816 allo scopo di recuperare le opere d’arte sequestrate da Napoleone. A partire dal 1817 iniziò a occuparsi della decorazione di Palazzo Pitti promossa dai Lorena (affreschi con le Storie di Ercole, ultimati nel 1829): il linguaggio rigorosamente strutturato, riferimento basilare per lo sviluppo del Neoclassicismo non solo toscano, e che aveva trovato la misura conveniente per esprimere la politica culturale della corte napoleonica, nelle sontuose decorazioni della sala di Ercole si arricchiva cromaticamente accogliendo in modo più libero i modelli cinque-secente-schi. Ma nel 1836 gli affreschi nella cupola della cappella dei Principi con Storie dall'Antico e dal Nuovo Testamento in forme dichiaratamente neoclassiche furono poco apprezzati da un ambiente culturale ormai rinnovato. Tenacemente fedele a uno stile ormai al tramonto, Benvenuti mantenne una posizione di intransigenza verso le istanze romantiche, sia nell’attività pittorica (L'ultima comunione di San Ferdinando di Castiglia, 1836, Napoli, San Francesco di Paola) sia nell’operato accademico.


Benvenuti Benvenuto *

BENVENUTI BENVENUTO
Livorno 1881 - 1959
Avviatosi agli studi artistici sotto la guida di L. Cecchi, si perfezionò all'Accademia di Firenze per tornare nel 1896 a Livorno, dove si inserì nel fertile clima culturale creato dalla presenza di vecchi maestri, come G. Fattori, delle personalità di P. Nomellini e L. Tommasi, e dai nuovi fermenti importati da Parigi dai livornesi A. Muller e L. Cappiello. I primi paesaggi, vicini alla pittura di L. Tommasi, contengono già elementi di tecnica divisionista. Nel 1899 ebbe modo di conoscere V. Grubicy, che seguì a Milano e con il quale avrà una lunga e amichevole collaborazione. Da quella data le sue opere seguirono l’approfondimento del linguaggio divisionista che, pur nella varietà delle esperienze, mantenne il riferimento alle radici macchiaiole, attento ai valori dello spazio e del volume. Assente alla prima mostra dei divisionisti toscani a Firenze nel 1904, partecipò al Salon des Peintres Divisionnistes del 1907. In quegli stessi anni, l'apertura a motivi di varie tendenze europee lo induceva a tentare forme liberty, saggi simbolisti e studi architettonici (La villa al mare, 1911, Livorno, Museo Civico) per recuperare, dopo la morte di Grubicy nel 1920, le caratteristiche divisioniste dei primi anni.


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