Barabino Nicolò *
BARABINO NICOLÒ
Genova Sampierdarena 1832 - Firenze 1891
Giovanissimo, frequentò l'Accademia Ligustica come allievo di G. Isola. Esordì nel 1850 con Agar nel deserto alla Promotrice genovese dove espose negli anni seguenti opere di carattere religioso (Consolatrix Afflictorum, 1859, destinata all'Ospedale di San Paolo di Savona), storico¬letterario come i bozzetti per il teatro di Modena (L'Apoteosi di Ludovico Ariosto, 1857), per quello di Sestri Ponente (Folchetto trovatore alla corte del Conte del Balzo, 1859) e alcuni ritratti. Nel 1857, vinta la pensione Durazzo, si recò a Roma e alla fine del 1857 si stabilì a Firenze, dove frequentò l’ambiente del Caffè Michelangiolo: nonostante un certo adeguamento del linguaggio, soprattutto in termini di arricchimento del colore, il contatto con i Macchiaioli non si tradusse, tuttavia, nell'abbandono dello storicismo, di cui anzi egli fu uno degli ultimi e maggiori rappresentanti. Da Firenze mantenne stretti contatti con Genova e la Liguria e compì alcuni viaggi di studio all’estero: a Parigi nel 1867, dove fu colpito dalle opere di J. L. Gerome, H. Delaroche e J. L. E. Meissonier; più tardi ancora a Parigi, in Spagna, in Gran Bretagna e nei Paesi Bassi. La sua presenza in Liguria è documentata anche da numerose opere a fresco: il soffitto del teatro Carlo Felice di Genova (1859), i cicli nella Collegiata di San Giacomo di Corte a Santa Margherita Ligure (1862-1865, 1869), nel santuario di Montallegro a Rapallo (1866-1869), nelle chiese di Santa Maria a Genova Sestri Ponente (1869- 1871) e Santa Maria Assunta di Camogli (1869-1871). A questa serie seguiranno, dagli anni '70, importanti interventi per la committenza privata genovese, fra i quali i cicli di Palazzo Celesia (1872) e Palazzo Orsini (dal 1876), con rievocazioni storiche e celebrazioni della scienza e del progresso, in linea con gli indirizzi positivisti dell'epoca. In parallelo continuava l’elaborazione di grandi quadri religiosi e storici, alcuni dei quali presentati con successo alle esposizioni nazionali: Galileo in Arcetri (Torino 1880), Quasi oliva speciosa in campis e Cristoforo Colombo deriso a Salamanca (Venezia 1887). Sono anche da segnalare i bozzetti (Genova Nervi, Galleria Civica d'Arte Moderna) e alcune opere di genere e ritratti, risalenti agli anni '80, in cui emergono una notevole sensibilità alla luce e una maggiore adesione al vero.
Barabino Angelo *
BARABINO ANGELO
Tortona (Alessandria) 1883 - Milano 1950
Studiò a Milano all'Accademia di Brera fino all’incontro, avvenuto intorno al 1903, con G. Pellizza da Volpedo. Di lui divenne allievo, frequentando lo studio del maestro fino alla morte di questi, nel 1907. Furono anni determinanti nella formazione dell'artista, che di Pellizza adottò il Divisionismo e le intenzioni sociali. In tal senso appaiono significative le opere di questo periodo: I miei morti (esposto a Firenze nel 1906), Fiori selvatici (Tortona, coll. Torriglia), L'annegato (1909, Tortona, coll. B. Barabino), Pioppi a Scrivia (1913, coll. privata).
Barabini Gaetano *
BARABINI GAETANO
Attivo a Milano fra il 1835 e il 1853
Della sua vita e della formazione artistica si conosce piuttosto poco, benché venga ricordato come allievo di P. Palagi. Oltre alla sua presenza a diverse mostre annuali braidensi, documentata nel 1835 (Venere al bagno e un episodio storico) e nel 1851 (Una preghiera), è nota la sua attività di frescante attivo nel 1853 nel Santuario del Crocefisso di Como (affreschi della volta).
Banti Enrico *
BANTI ENRICO
Livorno 1867 - 1899
Avviato all'arte da A. Tommasi, nel 1886 era a Firenze dove conobbe G. Fattori. Viaggiò per studio in Italia e in Francia, interessato soprattutto alla pittura romantica di paesaggio. Preferì i soggetti di genere, con animate scene mondane (Cattivo incontro, 1895, Livorno, Museo Civico G. Fattori). Per oltre un decennio, dal 1887 fino alla prematura scomparsa, partecipò anche con paesaggi alle mostre di Firenze (Sette studi dal vero, esposto nel 1899), Milano e Genova.
Banti Cristiano *
BANTI CRISTIANO
Santa Croce sull’Arno (Pisa) 1824 - Montemurlo (Firenze) 1904
E’ uno degli esponenti di spicco del movimento macchiaiolo, fiorito in Toscana intorno alla metà del secolo. Allievo dell'Istituto d'Arte di Siena, nel 1848 vinse il concorso triennale con un dipinto che illustrava un episodio della vita di un artista del Rinascimento, il Beccafumi, e che nell’impianto classico manifestava l’influenza del maestro F. Nenci. Nel 1856 si stabilì a Firenze, dove prese a frequentare gli artisti del Caffè Michelangiolo, legandosi in particolare a T. Signorini, A. Cecioni, V. Cabianca. Con questi partecipò al dibattito sul rinnovamento del quadro di storia, sperimentato in diverse opere di questi anni: Episodio del Sacco di Roma (1856), Galileo davanti all'Inquisizione (1857), Il ritrovamento del cadavere di Lorenzino de' Medici (esposto alla Promotrice del 1857). Sono prove condotte a forti contrasti luministici e tonali adeguati alla nuova esigenza di espressione romantica dei soggetti storici, che si ritrova maturata negli studi e bozzetti per le due versioni del Tasso e Eleonora d'Este (1858 ca., Firenze, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti; Piacenza, Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi). Le ricerche sulla luce si concretizzarono, fra la primavera del 1860 e il 1861, nel lavoro comune, dal vero, col Signorini e col Cabianca nelle campagne di Montelupo e Montemurlo (Valdarno fiorentino) e a La Spezia (Contadina con bambino), con notevoli progressi nella definizione dei valori formali della 'macchia'. Con gli stessi amici, nel 1861, compì un viaggio a Parigi: in questa occasione si recò agli studi di C. Corot e J. Troyon; visitò anche il Salon, dove fu colpito dalla solennità dei soggetti campestri di J. Breton. Alla luce di questa esperienza realizzò la Riunione di con-tadine (1861, Firenze, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti) tratta dagli studi eseguiti col Cabianca a Piantravigne presso Castelfranco di Sopra: l’accesa luminosità si sposa con la statica finitezza delle figure, conferendo rinnovata pacatezza alla composizione. Grazie all'agiata condizione finanziaria raccolse, da quest’epoca, una raffinata collezione sia di oggetti sia di opere d'arte, divenendo anche mecenate dei suoi amici pittori. Dalla metà degli anni ’60 cominciò a vivere sempre più ritirato nelle sue due ville di campagna, senza partecipare più alle esposizioni: solo nel 1875, per solidarietà verso gli amici, propose un suo dipinto alla Galleria d'Arte Lega-Borrani, inaugurata quell'anno a Firenze. All’inizio degli anni '80 lavorava alle Boscaiole con fascine (Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti), trattenuto da quella «incontentabilità» che lo induceva a rimeditare lungamente sulle sue opere, lasciandole spesso incompiute. Fra i soggetti di questi anni figurano anche ritratti della figlia Alaide e le contadine dei suoi poderi: l'uso della fotografia per le composizioni è testimoniato dalla Signora che ricama (1881, Firenze, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti), puntualmente tratta da una lastra fotografica. Nel 1884 fu nominato professore all'Accademia di Firenze e membro della commissione incaricata del riordino della Galleria degli Uffizi. Amico anche di N. Costa e di A. Cecioni, per compito di quest'ultimo eseguì le Lavoranti di paglia della Val d'Elsa, che fu donato a F. Martini, allora ministro della Pubblica Istruzione.



