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di Antonio Rocca da Robinson, 18 maggio 2025

Piacenza celebra il bicentenario della nascita di Giovanni Fattori (1825-1908) con la mostra “Il genio dei Macchiaioli” presentata da XNL Arte a Piacenza.
A cura di Fernando Mazzocca, Elisabetta Matteucci e Giorgio Marini, l’esposizione propone 100 dipinti e 70 disegni e incisioni. In rapporto ai colleghi Silvestro Lega o Telemaco Signorini, Fattori si distinse per una tensione astratizzante. Nulla a che vedere con quella che sarebbe stata l’astrazione delle avanguardie, nutrita di aneliti teosofici: il livornese avanza sottraendo dettagli e sensazioni per sprofondare nel reale. C’è in Fattori una fedeltà alla tradizione e alla terra, che lo vincola alla scabra realtà di Giotto e di Masaccio. Nell’icona della mostra, In vedetta (1872), la luce d’ascendenza pierfrancescana sembra aver smarrito le solari certezze che l’animavano.
Si direbbe quasi che il toscano abbia trasfigurato Gustave Courbet nel nitore di Piero e che in quella luminosità materica rimbombi un’assenza. Si apriva la strada per la Metafisica, di Giorgio de Chirico e Carlo Carrà, autori che amarono Fattori. Carrà lo poneva tra gli antichi e Paul Cézanne, mentre de Chirico, in funzione antimpressionista, ne prediligeva le battaglie austere e pervase di cupa malinconia.
Nelle opere di soggetto militare coesistono una profonda empatia per i soldati e una solida distanza dalla retorica bellica. Fu una scelta che Fattori sostenne contro il gusto corrente e che pagò sul piano commerciale. Spesso la battaglia è introdotta da un cadavere, spesso lo sguardo è rivolto ai margini del conflitto: si fa l’appello, si contano i morti, si leggono le lettere da casa, si raccolgono i caduti… in guerra perdono tutti e allora Fattori non fa distinzione tra vincitori e vinti. La solidarietà con gli sconfitti ricorda La resa di Breda (1635) di Diego Velásquez ed echi dell’andaluso riappaiono anche quando si osserva la sezione dedicata ai ritratti. Butteri e signori meritano la medesima attenzione, ciascuno è degno di fronte allo sguardo del pittore. Tra i ritratti spicca I fidanzati (1861): Luciano Bernardini ha riconosciuto Argia Buongiovanni e Alfredo Carducci, lei esibisce un polsino tricolore e lui ha il pizzo e i baffi di Vittorio Emanuele II. Come in un romanzo scritto male, in questa piccola Italia tutto torna: Argia è la cugina di Fattori, Valfredo (sarebbe stato docente di Mussolini) è un fratello minore di Giosuè. Nella sala dei paesaggi il riferimento al poeta de Il bove (1872) è d’obbligo. Solenni come monumenti, i bovi maremmani sono il correlato delle creature carducciane. Eppure qualcosa di essenziale sfugge al confronto. E’ che arriviamo a Fattori camminando a ritroso, transitando per il primo centenario , che fu anche l’anno di Ossi di seppia (1925). E’ possibile che qualcuno tra i dipinti di Piacenza abbia ispirato montale, quando scriveva di muri scalcinati e cavalli stramazzati. Nei meriggi immortalati dal pittore sembra davvero di ascoltare schiocchi di merli e scricchi di cicale. Non è l’impressione di un momento, ma, lo aveva rivelato Argan, il palesarsi dell’universale nel particolare. Perché la morte di Dio non cancella la sete di assoluto, ma muta lo statuto del miracolo, che si veste di triste meraviglia. La chiave di In vedetta è lo sterco del cavallo, che spezza la campitura crema del suolo opposta all’azzurro del cielo. Bastano poche pennellate brune per richiamare la realtà al corpo. Proveniente da collezione privata, questa piccola tela è contemporanea di Impression, soleil levant (1872) e rimarca tutta la distanza tra macchiaioli e impressionisti. Cavalieri e cavalli sono immersi in una quiete assoluta e vacilla il confine tra pittura militare e di paesaggio. Peraltro due temi che per numero (più di 200 per tipologia)significativamente si equivalgono… Allora poco importa che in queste campagne afose siano presenti soldati o contadini, cavalli o buoi; un sentimento di profonda unità lega la terra riarsa al mare e agli uomini.

Giovanni Fattori, stima perizie expertise dipinti di Giovanni fattori
Giovanni Fattori In vedetta

Sovente la linea dell’orizzonte si colloca al centro del quadro, indizio di un equilibrio tra immanente e trascendente, e sulla scena si alternano figure senza volto. I berretti, le tende d’accampamento e gli abiti sono incunaboli di un’astrazione, che punta dritta al varco in cui mormora il segreto dell’essere. Alle celebrazioni partecipa la Galleria Ricci Oddi. Barbara Cinelli interroga l’eredità di Fattori e sono illuminanti i puntuali confronti con Giorgio Morandi. Dall’accostamento delle incisioni dei due maestri scaturisce una consonanza dolce e triste, come se pizzicassero la medesima corda poetica. Ne sorge un accordo elegiaco non italiano, ma italico. Bisognava spendere una vita lontana dal rumore delle città per avvertire, e tradurre in immagine, una vibrazione tanto lieve da apparentarsi al silenzio.
Realizzata in collaborazione con l’Istituto Centrale per la Grafica, l’Istituto Matteucci, il Comune di Livorno e la Fondazione Livorno, la mostra sarà visitabile fino al 29 giugno.

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